Primo weekend di raccolta firme per la legge di iniziativa
popolare per istituire il referendum sull’euro. Abbiamo ottenuto un ottimo successo a Polignano dove abbiamo raccolto oltre 230 firme, mentre su
tutto il territorio nazionale sono bastati appena due giorni (invece che 6
mesi) per raggiungere il numero minimo di firme necessario per la presentazione
della legge: ovvero 50.000.
Non mancano però i dubbi e le perplessità per l’iniziativa
da parte dei cittadini. Proprio per questo, abbiamo risposto
alle tante domande ricevute al banchetto di piazza Garibaldi. Ad iniziare
dall’indossatore di felpe Matteo Salvini che prima non dice a nessuno che fine
hanno fatto le firme raccolte dalla Lega Nord più di sei mesi fa e poi mente,
sapendo di mentire, dicendo che non serve la raccolta organizzata dal MoVimento 5 Stelle.
La procedura che stiamo mettendo in pratica si ispira allo stesso referendum svoltosi nel 1989, contestualmente alle elezioni europee, quando si richiese agli italiani se volevano dare o meno facoltà costituente all’Unione europea. Ma vediamo quali sono le altre domande che ci sono state poste in questi giorni:
OBIEZIONE - “Chi ha il mutuo dovrà pagare più interessi, ma su una cifra svalutata”.
RISPOSTA - In realtà, molti mutui hanno interessi calcolati in funzione dell’Euribor (agganciato all’oscillazione dell’euro), con interessi che non aumenteranno. Inoltre, un possibile aumento dell’inflazione avvantaggia i debitori in quanto riduce il valore reale del mutuo da rimborsare.
“Il referendum non verrà accettato dalla Corte Costituzionale perché si tratta di un trattato internazionale e perché sono materie legate al bilancio dello Stato (art. 75 della Costituzione, comma 2)”.
RISP. - La legge di iniziativa popolare che è stata proposta è di livello costituzionale, questo vuol dire che ha lo stesso livello di importanza della Costituzione. Infatti, il referendum consultivo non è stato previsto dalla Costituzione, ma come è già stato fatto nel 1989 per consentire l’ingresso nell’euro è possibile prevederlo con una legge costituzionale.
La procedura che stiamo mettendo in pratica si ispira allo stesso referendum svoltosi nel 1989, contestualmente alle elezioni europee, quando si richiese agli italiani se volevano dare o meno facoltà costituente all’Unione europea. Ma vediamo quali sono le altre domande che ci sono state poste in questi giorni:
OBIEZIONE - “Chi ha il mutuo dovrà pagare più interessi, ma su una cifra svalutata”.
RISPOSTA - In realtà, molti mutui hanno interessi calcolati in funzione dell’Euribor (agganciato all’oscillazione dell’euro), con interessi che non aumenteranno. Inoltre, un possibile aumento dell’inflazione avvantaggia i debitori in quanto riduce il valore reale del mutuo da rimborsare.
“Il referendum non verrà accettato dalla Corte Costituzionale perché si tratta di un trattato internazionale e perché sono materie legate al bilancio dello Stato (art. 75 della Costituzione, comma 2)”.
RISP. - La legge di iniziativa popolare che è stata proposta è di livello costituzionale, questo vuol dire che ha lo stesso livello di importanza della Costituzione. Infatti, il referendum consultivo non è stato previsto dalla Costituzione, ma come è già stato fatto nel 1989 per consentire l’ingresso nell’euro è possibile prevederlo con una legge costituzionale.
“Ok entrare nell’euro
è stata una pessima idea, ma uscire ora con la situazione economica attuale e
con la BCE che ci sta facendo finanziare ai livelli più bassi della nostra
storia mi sembra azzardato”.
RISP. – Non è solo un problema di finanziamento (che, in realtà, sta andando alle banche), ma una questione di competitività del sistema Italia: da quando ci siamo agganciati all’euroabbiamo perso il 25% della nostra produzione industriale mentre la Germania ha registrato +26%.Nonché una questione di sostenibilità del debito pubblico: nell’anno in cui Berlusconi fu cacciato perché lo spread era alle stelle stavamo pagando 78 miliardi di euro di interessi, il prossimo anno ne dovremo pagare circa 100 a causa dell’aumento dello stock del debito.
“Bisogna considerare che con l’uscita dall’euro, avremmo una fuga di capitale enorme (ricordate gli spalloni svizzeri) perché chi terrebbe i soldi in una moneta destinata a svalutarsi e con un debito pubblico enorme”.
RISP. – La fuga dei capitali è, purtroppo, già in corso e va bloccata proprio con l’uscita dall’euro. Ancor prima che annunciassimo il referendum, a settembre 2014 abbiamo avuto il record di capitali esportati fuori dall’Italia. Tra agosto e settembre 2014 sono usciti 67 miliardi di euro dall’Italia e il motivo è che gli investitori non credono più ad una ripresa economica del nostro Paese. In caso di uscita sarà comunque interesse del Governo in carica introdurre limiti alla fuoriuscita di capitali.
RISP. – Non è solo un problema di finanziamento (che, in realtà, sta andando alle banche), ma una questione di competitività del sistema Italia: da quando ci siamo agganciati all’euroabbiamo perso il 25% della nostra produzione industriale mentre la Germania ha registrato +26%.Nonché una questione di sostenibilità del debito pubblico: nell’anno in cui Berlusconi fu cacciato perché lo spread era alle stelle stavamo pagando 78 miliardi di euro di interessi, il prossimo anno ne dovremo pagare circa 100 a causa dell’aumento dello stock del debito.
“Bisogna considerare che con l’uscita dall’euro, avremmo una fuga di capitale enorme (ricordate gli spalloni svizzeri) perché chi terrebbe i soldi in una moneta destinata a svalutarsi e con un debito pubblico enorme”.
RISP. – La fuga dei capitali è, purtroppo, già in corso e va bloccata proprio con l’uscita dall’euro. Ancor prima che annunciassimo il referendum, a settembre 2014 abbiamo avuto il record di capitali esportati fuori dall’Italia. Tra agosto e settembre 2014 sono usciti 67 miliardi di euro dall’Italia e il motivo è che gli investitori non credono più ad una ripresa economica del nostro Paese. In caso di uscita sarà comunque interesse del Governo in carica introdurre limiti alla fuoriuscita di capitali.
“Le banche, le aziende con prestiti in euro si troverebbero a dover continuare a pagare i debiti in euro (molti contratti dei prestiti obbligazionari, degli swap sono sotto legislazione Uk). Ci sarebbero dei costi enormi di gestione del passaggio da una valuta all’altra incluso i costi di gestione del rischio valutario da parte delle aziende che importano/esportano”.
RISP. – Il grosso dei costi dell’uscita riguarda solo il debito pubblico e privato emesso sotto legislazione estera. Questo, infatti, non sarà ridenominabile. Sul fronte debito pubblico, solo un 7% è in tale situazione. Assumendo un 20% di svalutazione, si tratta per lo Stato di coprire perdite da ridenominazione di circa 35 miliardi. Il grosso delle perdite riguarderà debito bancario e privato per una cifra stimabile intorno ai 150 miliardi. Alcune banche potranno essere nazionalizzate come già successo in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.
“C’è il rischio di una
svalutazione degli asset immobiliari o che, anche se si tratta di una
possibilità remota, veniamo sbattuti fuori dalla Comunità europea”.
RISP. – No, il valore degli immobili sarà ridenominato nella nuova valuta e perderà un valore pari alla svalutazione per l’acquirente estero ma non per quello domestico che avrà una valuta ridenominata. In media, in Italia 100 mq di immobile costano 5 volte il reddito pro capite della provincia in cui si trova l’immobile. Euro o lira, tale proporzione non si modificherà. Oggi, l’Unione europea è composta da Paesi con l’euro e Paesi senza (es. Gran Bretagna, Danimarca, Svezia, Polonia). L’adozione dell’euro non è una condizione essenziale per essere all’interno dell’Unione europea.
RISP. – No, il valore degli immobili sarà ridenominato nella nuova valuta e perderà un valore pari alla svalutazione per l’acquirente estero ma non per quello domestico che avrà una valuta ridenominata. In media, in Italia 100 mq di immobile costano 5 volte il reddito pro capite della provincia in cui si trova l’immobile. Euro o lira, tale proporzione non si modificherà. Oggi, l’Unione europea è composta da Paesi con l’euro e Paesi senza (es. Gran Bretagna, Danimarca, Svezia, Polonia). L’adozione dell’euro non è una condizione essenziale per essere all’interno dell’Unione europea.
“Ne vale la pena rischiare ora? Se fossimo la Germania con un’economia forte, forse sì ma ora che abbiamo già una marea di problemi perché aggiungerne altri?!”.
RISP. – La nostra economia sta andando allo sbando. Abbiamo perso un quarto della nostra produzione industriale da quando ci siamo agganciati all’euro e gli interessi sul debito sono in continua crescita anche con questi “governi del presidente”. Stando nell’euro potremo solo aumentare le tasse o tagliare lo stato sociale fino a quando sarà possibile, poi arriverà il default. O fuori dall’euro o default.
“Se usciamo dall’euro, quanto varrebbe un euro in lira? Spero la stessa cifra di quando ci siamo entrati”.
RISP. – Il cambio con la nuova valuta nazionale sarebbe probabilmente uno a uno con l’euro. Tale nuova moneta poi è stimabile che si svaluti di circa un 20%.
“Ok ci sto ma ad una condizione: mi dovete assicurare che il debito che prima dell’entrata nell’euro io avevo con lo Stato italiano, ritorni nelle casse dello Stato italiano perché se rimane nella BCE allora non ne vale la pena.Il debito, in realtà, è la ricchezza di un Paese, perché equivale al credito che lo Stato fornisce ai suoi privati cittadini. Quando Prodi ci ha condannato facendoci entrare nell’euro, ha messo la nostra ricchezza nelle mani di speculatori senza scrupoli, che non saranno molto ben disposti a restituircela...Ho paura che il sogno di diventare una nazione sovrana come il Giappone o come l’America e l’Inghilterra, peraltro fautrici di questa disgrazia, sia destinato ad infrangersi molto rapidamente”.
RISP. – Oggi, il debito italiano posseduto da banche ed istituzioni estere è pari a circa il 35%, solo due anni fa era circa il 50%. Saranno, infatti, loro a perderci nel caso di adozione di una valuta nazionale da parte dell’Italia e questo è il motivo per il quale stanno diminuendo la loro esposizione e stanno lavorando contro l’uscita dall’euro da parte dell’Italia. Da quando ci siamo agganciati all’euro, abbiamo perso un quarto della nostra produzione industriale. Usciamo prima che sia troppo tardi. Più rimaniamo, più diventeremo poveri e senza un tessuto industriale. Questo è nei fatti: oggi la disoccupazione è alle stelle e migliaia di imprese chiudono.
Comunicato permanente alla partitocrazia: "In Natura e nella Storia tutto ha un inizio e tutto ha una fine. Voi siete la fine, noi siamo l'inizio, o almeno ci proviamo."